Storia

Dai nuraghi allo Statuto Speciale


Su Nuràxi
     Come spazio insulare la Sardegna fu interessata da vicende storiche dotate di forte peculiarità, poco corrispondenti con le coeve esperienze che si svolgevano sulla penisola italiana. La manifestazione più cospicua della diversità sarda in epoca protostorica è rappresentata dalla civiltà nuragica, identificata dalle tipiche torri a forma di tronco di cono, costruite con massi sovrapposti e in certi luoghi inserite in un sistema edilizio fatto di mura, bastioni, cortili, torri basse. Oggi la Sardegna conserva circa 7000 nuraghi, che formano il principale giacimento archeologico, insieme con un migliaio di domus de janas (termine sardo che significa "case delle fate"), ossia tombe in miniatura scavate nelle rocce con una struttura labirintica aperta in molteplici vani, e con oltre trecento "tombe di giganti", necropoli composte da esedre di pietra con al centro una stele alta diversi metri.
Santu 'Antìnu
    La civiltà dei nuraghi, che si sviluppò a partire dal 1500 fino al 500 ca. a.C., ha lasciato la sua traccia più imponente nel castello di Su Nuraxi a Barùmini, in provincia di Cagliari, e a nord nella cosiddetta "reggia" di Torralba. L'asprezza del paesaggio montuoso probabilmente favorì l'estraneità della Sardegna dalle correnti più vive della storia mediterranea, durata fino a che i fenici non effettuarono le prime invasioni dell'isola. L'interesse commerciale derivava dall'ossidiana, pasta vulcanica vetrosa molto usata nei tempi antichi. Dopo i fenici toccò ai cartaginesi stabilire insediamenti sull'isola: essi fondarono le prime città, quali Cagliari, Tharros, Nora, Sulci.


...ai tempi di Roma
     I romani apparvero nel 238 a.C. e fondarono guarnigioni militari, costruirono strade, ampliarono le città e sfruttarono le zone pianeggianti come serbatoio di grano per Roma. Essi fissarono i tratti della loro cultura, qui destinata a lunga permanenza perché non venne ibridata dalle invasioni barbariche: infatti l'isola, appartenente alla provincia d'Africa, passò all'impero romano d'Oriente, dopo il 476 d.C. Dalla lontana Bisanzio, capitale dell'impero orientale, vennero concesse ampie autonomie all'isola divisa in quattro giurisdizioni, ossia i giudicati di Logudoro, di Gallura, di Oristano e di Cagliari.
Casteddusaldu
     Dopo l'anno Mille le repubbliche marinare di Pisa e di Genova diressero la loro attenzione verso l'isola e vi trasferirono famiglie e imprese, collegandosi ai patriziati locali. Nel 1297 la Sardegna, per iniziativa del papa, passò in feudo a Giacomo II d'Aragona, ma per diversi decenni si trattò di una sovranità formale, fino a che, nel 1323, Alfonso d'Aragona non sbarcò nell'isola sottomettendola militarmente. Lo spirito di autonomia di alcuni territori animò una forte resistenza antiaragonese che si protrasse fino all'alba del XV secolo. Retta in viceregno, entrò a far parte dei domini della corona di Spagna, costituitasi alla fine del XV secolo col matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona. Il dominio spagnolo è considerato come un periodo di decadenza economica e demografica, sulla quale incisero le servitù feudali imposte all'isola e l'esosità dei funzionari reali.
Sos piemontesos
La Maddalena
     Nel 1720 la Sardegna passò ai Savoia, costretti a scambiarla con la Sicilia per un gioco di equilibri e di contrappesi orchestrato dalle grandi potenze europee. Per vent'anni i Savoia tennero in posizione marginale l'isola, che pure aveva conferito loro il titolo regio, appunto quello di re di Sardegna. A partire dal 1743 un potente ministro piemontese, Gian Lorenzo Bogino, attuò illuminate misure di carattere riformistico: riaprì le università di Cagliari e di Sassari, rifondate sul modello dell'ateneo di Torino; rafforzò i consigli comunali e creò i monti frumentari, ossia un sistema finanziario pensato per incrementare l'agricoltura e liberare i contadini dal peso dei debiti. A Bogino si deve anche la valorizzazione dell'arcipelago della Maddalena, dove venne costruita una piazzaforte militare a protezione del porto, che diventerà nell'Ottocento un'importante base militare. Durante gli anni della Rivoluzione francese si formò un movimento antifeudale e antisabaudo, capeggiato da Giovanni Maria Angioy, ma l'isola rimase saldamente controllata dai Savoia, grazie anche all'appoggio navale fornito dall'Inghilterra. Il regime feudale che gravava sulle proprietà fu abolito solo nel triennio 1836-1839, sotto Carlo Alberto, e qualche anno più tardi vennero soppressi i diritti che le comunità esercitavano sulle terre demaniali e feudali.
     Dopo l'unità d'Italia (vedi Risorgimento) l'isola conobbe una fase controversa: da una parte la crisi economica generò miseria e recrudescenza del banditismo; dall'altra si avviarono imprese minerarie e moderne attività nel settore agropastorale. Pesante fu il contributo di vite umane pagato dai sardi nella prima guerra mondiale; alle tensioni del dopoguerra si lega la formazione di un movimento autonomistico di ispirazione socialista che sfociò nella nascita del Partito sardo d'azione. Sotto il fascismo fu varata un'imponente opera di bonifica delle terre malariche e di sfruttamento delle miniere, con la fondazione di città nuove (Arborea, Fertilia e Carbonia). Le rivendicazioni autonomistiche furono accolte dalla Costituzione della Repubblica italiana (1948), che stabilì l'autonomia dell'isola retta da uno statuto speciale. Nel 1962 venne approvato un programma di rinascita economica che si concretizzò in alcuni poli industriali a Sassari, Macomèr, Porto Torres, Cagliari, Olbia, per citare i principali, e in iniziative di sviluppo nel settore agroalimentare (itticoltura, viticoltura). In quegli anni decollò il turismo, destinato in poco tempo a modificare il volto delle coste, portando negli anni Ottanta a oltre due milioni di presenze annue di turisti, perlopiù con permanenze limitate a brevi periodi della stagione estiva.